“Non puoi tornare indietro e cambiare l’inizio,
ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale”.
C. S. Lewis
C’è una bellezza tangibile nell’arte della ceramica che va oltre le creazioni. Racconta storie, emozioni e trasmette un senso di profondità che solo poche forme artistiche possono eguagliare. Dietro a ogni pezzo c’è una mente creativa, una storia da condividere, un viaggio da intraprendere. La storia di Nericata è una storia di passione e scoperta di sé attraverso l’argilla, è la storia di una ceramista italiana.
“Devo fare qualcosa”, queste sono le parole che hanno spinto Nericata a dare il via al suo viaggio nell’arte della ceramica. Dopo 15 anni passati a lavorare in una crêperie al fianco di suo marito, dopo la nascita della sua prima figlia, queste parole sono risuonate nella sua mente perentorie.
“Non so se ci voglia un dolore o no”, ammette. “Ma ho sentito il bisogno di esprimere me stessa attraverso le mani”. L’incipit di questo cambiamento risiede nei pomeriggi di giochi con sua figlia – loro due – a manipolare l’argilla.
Da un hobby pomeridiano, Caterina passa a creare delle cose sue e a mostrarle alle amiche, per vedere se le trovano belle.
Quando pensa a lei da bambina, pensa a una bimba, sia a scuola che in oratorio, con il grembiule sporco di pongo, una bimba che scolpiva cavalli.
È in una serie di passi e sfide della vita, che Nericata torna a lei bambina, abbraccia la ceramica e decide di creare un laboratorio nella sua casa, di creare un bosco in cui immergersi e poter lavorare giorno e notte, modellando con le sue mani, sperimentando cotture e colorazioni, traendo ispirazione dalla natura e restituendola al mondo attraverso il suo sguardo.
Diversi sono i maestri che Nericata ha avuto: ha ascoltato la lezione di Helena che faceva cose piccole e fini e di Mon Moulin Frere Tesé un guru della ceramica che faceva smalti bellissimi. Ha imparato le sue tecniche da persone bellissime e bravissime. Ma soprattutto ha saputo ascoltarsi, guardarsi dentro e realizzare opere che sanno distinguersi.
Tornio, stampo, lastra, svuotamento, colombino, colaggio… Caterina usa le varie tecniche e poi capisce come interagire con gli uccellini.
Ci gioca.
In effetti, sentendola raccontare il suo lavoro, ci appare la natura ludica dell’eterno sognatore, il modo in cui l’artista sa approcciarsi con estrema serietà giocando nel suo mondo.
Tra le cose che ama di più Caterina Sciancalepore in arte Nericata c’è la partecipazione a un evento che si chiama Les Grands Feux e che si svolge a 150 km da Parigi. É un evento a cui partecipa da 10 anni, invitata da Charlotte Pulsen, una sua insegnante, danese, che la invita ogni anno per esporre le sue opere nel suo centro. Durante Les Grands Feux il gruppo di ceramisti che partecipa, aiuta a mettere il forno in attività, carica e cuoce insieme ad altri artisti per l’ultima cottura le proprie opere. Per tre giorni ci si alterna in una danza a cuocere nel forno. Immaginate che ogni ceramista che vive lì ha un forno a legna.
Nericata ha cominciato a cuocere e a vivere la cottura del forno da pochi anni perché far partire da sola un forno a legna è molto difficile, è un campo in cui ci vuole sempre qualcuno di più esperto. Le tecniche che usa per il forno a legna sono il colombino e il tornio, perché danno solidità alle opere. Tutti i ceramisti hanno la possibilità di creare i loro colori. E il tipo di forno che viene scelto influenza il colore finale delle opere: nel forno elettrico il colore non cambia – Avete presente i bianchi brillanti delle sue ciotole? -, nel forno a legna invece interagiscono diversi fattori con le opere stesse, la cenere – per esempio – va a battere e si posa su i pezzi aggiungendo una peculiarità allo smalto.
La cottura in un forno a legna non è prevedibile e genera colori sempre diversi.
É la magia che lascia l’attesa, è la scoperta del vedere come si trasformeranno le opere una volta cotte.
Ma non si può raccontare e cogliere veramente la natura di Nericata senza raccontare la sua passione per il viaggio.
“Per un lungo tempo mi preparo a quello che andrò a vedere.”
Per lei il viaggio è portarsi a casa incontri, con persone, con oggetti, con culture, con usanze diverse, con tecniche diverse.
Incontri da assorbire con gli occhi e trasmettere con le mani.
Quando pensiamo alle opere di Caterina non possiamo trascendere dal pensare ai suoi uccellini. Ebbene gli uccellini nascono da un errore, da una ciotolina che si è rotta fra le sue mani. Nericata ha fatto quello che dicono i giapponesi: ha ravvivato l’oggetto appoggiandoci un uccellino. L’uccellino col suo peso è come se avesse creato una conca, è come se avesse reso l’errore una naturale conseguenza del suo movimento.
Adesso, scruta le sue opere e ogni volta cerca il giusto posto per metterli.
La dama degli uccellini non ha mai contato quanti ne modellati nella sua vita. Colombine dalla coda a punta, colombine dalla coda aperta, colombine spiumate.
Dalla bimba con il grembiule sporco di pongo che modellava cavalli, alla donna che ha accompagnato suo marito in un lavoro che non faceva per lei, dalla viaggiatrice dell’anima alla cercatrice di bellezza, Nericata è molto più di una ceramista italiana, è una narratrice di storie solide.